domenica 6 febbraio 2011

La sconosciuta” Di Ambra Cristaldi

"La sconosciuta”Di Ambra Cristaldi La Sconosciuta è un film del 2006 diretto da Giuseppe Tornatore, cinquantaquattrenne regista palermitanonoto per pellicole quali Nuovo cinema paradiso, La Leggenda del pianista sull’Oceano, Malena o, l’ultimo, Baaria.Protagonista dei 118 minuti di trama è Irena (Ksenia Rappaport), una giovane donna ucraina emigrata in Italia,accompagnata da un torbido e frastagliato passato che il regista ci ripropone in più battute con numerosi, etalvolta crudi, flashback.Man mano che la trama del film avanza, sono proprio tali flashback che aiutano a delineare ecomprendere la personalità della protagonista ed il percorso, all’inizio poco chiaro, delle sue azioni cosìapparentemente determinate. La donna, infatti, si muove secondo un copione ben preciso, perseverante nelportare a compimento un disegno che il regista lascia intuire, ma svela, con abile tempismo, solo nel finale.La storia comincia con l’arrivo di Irena a “Velarchi”, cittadina (fittizia) del nord Italia, in cui trovalavoro, inizialmente come donna delle pulizie, grazie all’aiuto - non del tutto gratuito- del portinaio di un belpalazzo signorile (Alessandro Haber).Dopo essere riuscita a stringere una voluta amicizia con la tata (Piera Degli Esposti) di una delle ricchefamiglie del palazzo, gli orafi Adacher (interpretati da Claudia Gerini e Pier Francesco Favino), la protagonistariesce, con un criminale stratagemma, a estrometterla e a prenderne il posto.Ed è a questo punto che la trama comincia ad infittirsi: Irena, infatti, tenta di carpire i segreti che sicelano dentro quelle mura ma soprattutto di avvicinarsi alla piccola Tea, la figlia (adottiva) degli Adacher… Così,mentre da una parte la stessa donna tenta di scampare al suo passato, fatto di violenza, prostituzione,sfruttamento e abbandono, inseguendo il sogno di una nuova vita, dall’altro lato ne resta costantemente eviolentemente preda e vittima: il suo antico e odiato “protettore” aguzzino Muffa (Michele Placido), infatti, nonsmette di darle la caccia, nemmeno quando lei crede di aver cambiato vita Tornatore gioca abilmente mescolando le carte della vita della protagonista. Ci accompagna nella suafuga, ci riporta brutalmente indietro nei suoi ricordi, ci spinge quindi di nuovo a sostenerla nel perseguire i suoi sogni, il tutto in un vortice di emozioni e colpi di scena, sottolineati e acuiti dalla sapiente e sempre tempestivamusica di Ennio Morricone.Il regista alterna momenti di intenso pathos emotivo (vediamo Irena sorridere all’unico uomo che abbiamai amato, vivere con lui momenti di gioia e intimità), con catastrofiche scene di cruda violenza (ecco la stessaprotagonista rovistare nell’immondizia di una discarica o venire brutalmente picchiata e stuprata). Il fiato restasospeso per quasi l’intera durata del film, i muscoli contratti e lo sguardo attento.Irena è una donna travagliata, divisa tra la forza, la caparbietà e la tenacia che la sua storia, fatta di sofferenze,malvagità, privazione e minacce, le ha infuso e forgiato e la fragilità, non solo umana, ma fortemente femminile, di una donna che è stata privata dell’essenza della vita stessa.Non stupisce quindi, scoprire che la stessa bambinaia che canta la ninna nanna con voce dolce e soave alla piccola Tea, la “alleni”, poi, usando metodi brutali a “rialzarsi dalle cadute” (Tea è affetta da una malattia chenon le consente di sviluppare i principali riflessi dell’autodifesa). La stessa donna, fragile e sensibile, che mangiafragole in compagnia dell’uomo che ama, che compra castelli per le bambole alla bambina che accudisce, checura le piante del suo davanzale, è anche perfettamente in grado di uccidere, di mentire, di rubare.Le figure femminili rappresentano la struttura portante nel film. Opposte non solo per età, ma anche percondizione sociale, per storie vissute, per scala di valori, le donne de “La Sconosciuta” rappresentano ognuna ununiverso di emozioni e ideologie. E diventano ciascuna manifesto della scala sociale da cui provengono e di cuifanno parte.Inserito in una spirale vorticosa di eventi (a spirale è il ciondolo che l’aguzzino Michele Placido porta alcollo, così come le scale del palazzo degli Adacher), questo continuo dualismo tra bene e male, tra passato e presente, tra bello e mostruoso, tra forte e debole rappresenta il filo conduttore di tutto il film, che si puòcollocare a metà tra il genere noir e il thriller.L’opera, infine, diventa portavoce della denuncia di mancanza di valori della società moderna: genitoridistanti, poco presenti, iperprotettivi e non propensi all’ascolto; difficoltà d’integrazione per i cittadiniextracomunitari, relegati a svolgere le mansioni più umili della scala sociale; sfruttamento della prostituzione e delcorpo femminile; corruzione; abbandono.Una società che, tuttavia, se fondata su puri sentimenti di onestà e rispetto, se da’ amore gratuitamente eincondizionatamente, riesce, in un certo senso, sempre a riscattarsi


“La sconosciuta”Di Roberta SignorinoIl Cineclub della Dante Alighieri ha rappresentato per me una preziosa occasione di rivedere un magnifico film, La Sconosciuta di Giuseppe Tornatore e di conoscere altri ‘expats’ (soci della Dante e del gruppoItaliansonline di Anversa) con i quali scambiare idee e impressioni sul film e sulla situazione del cinema italianocontemporaneo, purtroppo vittima di logiche produttive e politiche culturali che limitano fortemente lasperimentazione.Il consenso sul film è stato pressoché unanime: la storia di Irena, immigrata ucraina coinvolta in un girodi prostituzione e vendita illecita di neonati, in fuga dal proprio passato e alla ricerca della figlia avuta dal suo unico amore, ha commosso e convinto tutti non solo per la potenza della storia, ma anche per le soluzioni visiveadottate dal regista per narrarla.Nel corso del dibattito è stato giustamente osservato che Tornatore non si adegua alla tendenza generaledel nostro cinema di limitarsi a raccontare ‘storie’, non dimentica che il cinema è un’arte visiva che nasce perl’occhio e dunque, mutuando un concetto applicato alla narrativa, riesce a bilanciare showing e telling grazie amovimenti di macchina, inquadrature, scene talvolta anche crude ma assolutamente funzionali alla vicenda.Tornatore responsabilizza lo spettatore costruendo il suo film come un noir che ci ricorda Hitchcock(per il quale, lo ricordiamo, lo ‘sguardo’ giocava un ruolo fondamentale), strutturandolo come un puzzle elasciando al pubblico il compito di mettere insieme indizi e particolari disseminati nel film (durante il dibattito qualcuno ha notato che simboli-chiave sono le spirali, dalle scale del palazzo in cui lavora Irena al ciondoloindossato dal suo ex-protettore, uno straordinario Michele Placido – ma non diro’ di piu’ per non fare un torto achi non ha visto il film). Questo effetto è reso grazie alla focalizzazione interna scelta dal regista: tutto è filtratoattraverso lo sguardo, la coscienza e i ricordi di Irena, interpretata dall’attrice russa Xenia Rappoport (tra l’altro,come è stato osservato nel corso del dibattito, Xenia significa ‘straniera’, un’interessante coincidenza): una sceltache rende il finale – che non sveliamo – ancor più sorprendente Tornatore coinvolge lo spettatore sin dalla prima scena, catapultandolo nella vicenda ‘senza rete’:attraverso un buco a forma di occhio ci vengono mostrate delle donne, completamente nude e con indosso una maschera a coprirne il volto. Il regista nostro malgrado, ci mette in una posizione sgradevolmente voyeuristicaeppure assolutamente veritiera: non occorre essere ‘utilizzatori finali’ per essere complici della mercificazione del corpo femminile e dell’umiliazione delle donne, poiché entrambe possono essere messe in atto in modi piùsubdoli e talvolta persino ‘legalizzati’ – per non parlare del voyeurismo sul quale sono impiantati interiprogrammi televisivi.Un importante contributo è dato anche dalla colonna sonora e dalle luci. Le perturbanti musiche diMorricone sanno suscitare tenerezza e inquietudine al tempo stesso, e indovinata è anche la scelta di luci ‘calde’per i (pochi) ricordi felici di Irena e di luci ‘fredde’ per la sua vita presente e i rapidi flashback sul suo passato diprostituta (che, ancora una volta, mettono lo spettatore negli scomodi panni del voyeur lasciandogli il compito diimmaginare gli orrori vissuti dalla protagonista).Per concludere, La Sconosciuta è uno di quei film che rispecchiano appieno la teoria romantica della‘recollection in tranquillity’: si lascia la sala portando con sè non solo un carico di emozioni e sensazioni sullequali riflettere, ma anche impressioni che affiorano anche a distanza di giorni, investendoci con la potenza di unavisione

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