domenica 6 febbraio 2011

Novecento

Novecento”Di Carlo Macagno“ Het Klokhuis”, teatro piccolo ma accogliente, ha ospitato per ben tre serate e pieno di pubblicoentusiasta le repliche del monologo “Novecento”. Un bel successo per il bravissimo Massimo Zamboni ed ilregista Herman Boets.Conoscevo già questa storia scritta da Alessandro Baricco (come me nato a Torino) per aver visto annifa il film “The legend of 1900” realizzato da Giuseppe Tornatore. Già allora mi aveva incuriosito la vicenda cosìoriginale , quasi inverosimile, ma con forti agganci alla realtà della vita.Devo confessare che prima della rappresentazione al ‘t Klokhuis mi sono più volte chiesto come ununico attore, con una sola scena a disposizione, potesse rappresentare questa storia che si svolge su una grandenave che fa la spola tra due continenti circondata dall’infinità dell’oceano.La vicenda inizia con l’osservazione apparentemente banale che ad ogni viaggio ci fosse sempre uno, ilprimo , il predestinato, che vedeva e gridava la notizia tanto attesa da tutti: l’America! Già, questa premessa ciintroduce nella valenza simbolica del racconto. Quel grido “ L’America!” significa in realtà per gli emigranti“Siamo arrivati! Abbiamo raggiunto la nostra meta! Cominciamo a realizzare il nostro sogno”. Come sempreaccade questo sarà vero solo per qualcuno. Gli altri saranno destinati a vedere svanire questo sogno dietrol’incalzare della realtà. Con questa premessa inizia la storia di un bambino che, nato a bordo e abbandonato sullanave, riceve dal marinaio che lo ha trovato il nome “Novecento”. Il bimbo poi cresce, vive la sua vita, e esprimele sue innate e straordinarie doti musicali senza mai scendere a terra, identificando la propria esistenza con quelladella nave stessa, fino a perire con essa al momento della demolizione. Il personaggio conserva in sè un’ingenuitàquasi infantile che gli fa fare osservazioni sorprendenti.“Il futuro si può leggere perchè è scritto negli occhi della gente”. Nei loro occhi si legge il futuro e non ilpassato perchè il futuro è fatto dei loro sogni.Massimo Zamboni ha saputo narrare questa storia come un susseguirsi di stati d’animo che hanno avutoimportanza prevalente rispetto alla narrazione della vicenda coinvolgendo il pubblico con un pathos che hapolarizzato l’attenzione per tutta la serata. Se la vicenda fosse stata narrata con un altro sistema (film ocommedia) sarebbero stati necessari molti cambi di scena per dare vivacità al racconto.Nel monologo questo risultato è stato reso possibile con molta efficacia dalle combinazioni di effettisonori e di luci che hanno permesso gli stacchi tra i vari momenti, grazie alla perfetta sincronizzazione tra la regiae l’abilità della recitazione. Il risultato è stato eccellente, sopratutto se si considera il fatto che ai giorni nostri ilgusto del pubblico è stato orientato alla ricerca spasmodica di effetti speciali e di una grossa scenografia volta asbalordire gli spettatori con il grande spiegamento di mezzi.
Da una pazza idea ad uno spettacolo di successoDi Massimo ZamboniEra il Febbraio del 2009 quando ne parlai con Herman Boets per la prima volta. Io Herman loconoscevo appena.
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7 Avevo recitato la parte di Gino Potente in una produzione teatrale chiamata De buis van Eustachius.Herman ne era l’autore e il regista.Dunque come dicevo era il Febbraio del 2009 quando, durante la cena in cui si festeggiava il successodella suddetta produzione, presi coraggio e confessai ad Herman uno dei miei sogni nel cassetto, portare in scena Novecento di Alessandro Baricco.Perche’ Novecento? Non lo so perche’, non c’e’ mai una sola ragione e, a volte, non ce ne sono proprio di ragioni, plausibili almeno, o spiegabili. Chissa’ perche’ si tende sempre a cercare una ragione che giustifichi qualsiasi cosa. Perche’ ho pianto guardando quel film, perche’ mi sono venuti i brividi ascoltando quel branomusicale, perche’ il mio cuore e’ impazzito quando ho incontrato quella donna. Una cosa me la ricordo benequando ho letto il libro per la prima volta. Ricordo che dopo poche pagine nelle parole di Baricco io non stavopiu’ leggendo ma ero li, tra i passeggeri, a salutare quelli che restavano perche’ noi eravamo quelli che partivano, aballare tra uomini e donne elegantissimi e a dividere uno stanzone con gli emigranti. Insomma non stavo piu’leggendo ma ne ero parte, di quella storia pazzesca. Ed ogni volta che lo rileggevo scoprivo una cosa nuova, unnuovo dettaglio, qualcuno che non avevo visto la volta precedente. Insomma ne ero parte, di quella storia e forseper questo ne ho sentito per anni il desiderio di raccontarla.Come dicevo era il Febbraio del 2009 quando ne parlai per la prima volta con Herman. “Sai c’e’ unpezzo che mi piace da morire, e’ un monologo”, dico io, “si chiama Novecento, lo ha scritto un autore Italiano che si chiama Alessandro Baricco, sai ne hanno fatto anche un film con un cast internazionale dal titolo The legend of the pianist of the ocean”.“Si conosco Baricco e conosco il libro”, risponde Herman, “mi piace e mi sembra una buona idea”. “Siaspetta pero’ ”, dico io, “ci sarebbe un’altra cosa, sai Novecento e’ un monologo che l’autore ha scrittoappositamente per il teatro. La versione originale e’ in Italiano ed io, insomma, pensavo che mi piacerebbe moltofarlo in Italiano”. Breve pausa, poi Herman mi guarda e, prima ancora di sorridere con la bocca mi sorride congli occhi – questa e’ una sua particolarita’, una cosa che sa fare solo lui – e mi dice “ok”. “Ok?”, dico io. “Intendidire che sei d’accordo?”. Cinque minuti dopo avevamo fissato grossomodo nelle nostre agende le date deldebutto e brindavamo con un buon bicchiere di vino rosso.Il progetto Novecento era nato. Il resto e’ storia. Io ho avuto il grande privilegio e la fortuna diraccontare la mia storia ad un pubblico meraviglioso, un pubblico che ho sentito viaggiare con me, lassu’ sulVirginian, un pubblico che ho sentito divertirsi di fronte alle stravaganze di Novecento ed un pubblico che hosentito commuoversi quando ha capito che “adesso e’ finita, e’ finita veramente”. Ma ricordatevi, sempre, chenon si e’ finiti veramente finche’ si ha da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla.Per questo vi saluto con la solenne promessa che questa storia non sara’ l’ultima

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